Beretta Web - Model 1934 e 1935 splendida arma militare d'altri tempi

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Beretta Mod. 1934 e 1935 un bel esempio di pistola d'altri tempi Unofficial Beretta Site
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  Beretta Model 1934 e 1935 splendida arma militare d'altri tempi RH

 

Ha gli spigoli vivi e le superfici a retta d'ombra, ed una finitura splendida per un'arma militare.
Le curvature del frontstrap e del backstrap, come le chiamano gli americani sono lisce e piene come quelle dei fianchi di una bella donna nella sua maturità.
La brunitura del carrello al silicio nel tempo ha virato in un piacevole colore rossiccio chiamato dai collezionisti "coda di castoro". Quella del fusto è di un bel blu intenso.

Mi riferisco ad una pistola Beretta mod. 34 cal. 9 corto, pervenutami in singolari circostanze mezzo secolo dopo la sua nascita, in condizioni perfette ad eccezione dell'interno della canna. Sul lato sinistro del carrello è inciso l'anno di costruzione,il 1937,seguito dalle cifre romane XV relative all'anno 15esimo dell'Era Fascista. Sul lato sinistro del fusto all'altezza dello sperone è Incisa una corona sabauda sormontante le lettere R E che stanno per Regio Esercito. Sul lato destro del fusto e del carrello il numero di matricola presente anche sullo zoccolo della canna, la cui anima presentava delle leggere erosioni dovute alla mancanza di pulizia dopo lo sparo.

L'arma era di mio zio Aurelio generale dei carabinieri. Già Vice comandante generale dell'Arma e Comandante della divisione Pastrengo negli anni 60.

Zio Aurelio un pezzo d'uomo alto un metro e 85,aveva combattuto come tenente nei Granatieri di Sardegna durante la Prima Guerra Mondiale, guadagnandosi numerose decorazioni, i cui nastrini colorati ammiravo con invidia di ventenne,in occasione dei nostri incontri.


Avendo partecipato anche alla guerra di Spagna ed alla Seconda Guerra Mondiale, lo zio, come amava dire, non aveva avuto il tempo per prendere moglie ed avere figli. E pertanto sentiva forte il desiderio della famiglia. Così sfruttava ogni occasione per incontrare i numerosi parenti sparsi in tutta la penisola.


In occasione delle sue rapidissime visite a Napoli per motivi di servizio, era solito "convocare" d'autorità mia madre che era sua cugina, mio padre e me alla stazione Garibaldi per un frettoloso saluto. Poi ripartiva diretto al suo comando, non prima di aver rimproverato noi e gli altri parenti convenuti in stazione perché colpevoli di non incontrarci mai pur vivendo nella stessa città.

All'epoca mi dedicavo con impegno al tiro a segno ed avevo da poco vinto il campionato italiano juniores di pistola automatica con una Breretta Olimpionica cal.22 corto e questa fu l'occasione per parlare con lo zio Aurelio di armi e di chiedergli di mostrarmi la sua ordinanza.


Tirò fuori con grande cura ed affetto la Beretta 34 e me ne raccontò l'incredibile storia. Occorre a questo punto fare un flash back agli anni 40 in piena Seconda Guerra Mondiale quando lo zio da capitano comandava la compagnia carabinieri di Tobruk in Africa. Al momento della caduta della piazza in seguito alle spallate delle divisioni corazzate inglesi, Aurelio fu fatto prigioniero e trasferito in India. Non volendo consegnare al nemico l'amata Beretta, prima di essere catturato smontò completamente l'arma.


Il fusto l'occultò in una pagnotta e le altre parti le affidò a dei commilitoni, anch'essi finiti in mano degli inglesi. Ciascuno di costoro nascose una parte dell'arma in una pezzuola imbevuta d'olio riuscendo come lo zio a sottrarla alle frequenti perquisizioni delle guardie.


Al termine del conflitto dopo quasi quattro anni di prigionia nell'umidissimo campo indiano, Aurelio fu rimpatriato con una nave ospedale che lo sbarcò nel porto di Napoli. Per l'artrite reumatoide contratta camminava con l'aiuto delle stampelle.
Una volta guarito e riammesso in servizio,riuscì a rintracciare tutti i commilitoni fortunosamente sopravvissuti alla prigionia ed incredibilmente ancora in possesso dei pezzi della Beretta.
Così l'arma fu rimontata e tornò al fianco del suo proprietario.


Affascinato dall'oggetto e dalla sua avventurosa storia chiesi allo zio di donarmelo. Comprensibilmente rifiutò la richiesta. Per lui la vecchia Beretta costituiva un cimelio troppo caro e prezioso.
Ma, da vero carabiniere era generoso e dotato di una memoria di ferro. Non dimenticò il mio desiderio e quando venne a mancare in seguito ad una malattia incurabile, volle che l'arma diventasse mia.


A questo punto si prospettò un problema di natura legale. All'epoca la Beretta 34,come tutte le pistole cal.9 Corto, era considerata arma da guerra ed io pur essendo titolare di licenza di porto d'armi e di collezione di armi comuni da sparo,non potevo entrarne in possesso. Pertanto in attesa di tempi migliori la pistola fu affidata in custodia a persona autorizzata a detenerla.
L'attesa occasione per ottenerne la cessione in modo legale,arrivò una decina di anni fa,quando la Beretta 34 e le altre pistole cal.9 Corto furono catalogate come armi comuni.

Così dopo un'attesa tanto lunga e sofferta finalmente la mod.34 giunse nelle mie mani.
Prima di inserirla in collezione volli provarla in poligono. La caricai con delle cartucce Leon Beaux coeve dell'arma e appartenute al citato zio, contenute in un bellissimo scatolino blu ed apparentemente in ottimo stato di conservazione.
Con apprensione motivata dal fatto che pur sempre si trattava di cariche del 1937,sparai il primo dei sette colpi. Incredibilmente feci un centro sul bersaglio di pistola standard posto a dieci metri. Gli alri sei colpi finirono tutti vicini al primo. Arma e munizioni erano in perfetta efficienza mezzo secolo dopo la loro fabbricazione!

Sorpreso e pago per l'eccezionale risultato della prova a fuoco, non volli sfidare oltre la sorte e dopo aver pulito accuratamente la Beretta la rimisi al suo posto nell'armadio blindato.
Oggi l'arma costituisce uno dei pezzi più amati della mia collezione. Non solo e non tanto per la sua ancora eccellente finitura, robustezza ed affidabilità. Ma soprattutto perché maneggiandola mi pervade il fascino sottile della Storia. Con un poco di fantasia riesco ad immaginare le scene drammatiche che l'arma ha vissuto al fianco del suo proprietario.

Questo cimelio è stato testimone dell'eroico agire e del tragico patire di tanti combattenti, partecipi di quel immane sciagura che è la guerra. Queste riflessioni mi inducono a considerare le armi non solo come oggetti la cui destinazione naturale è l'offesa,ma anche un momento significativo della Storia,della civiltà, della cultura,della creatività e
talvolta dell'Arte di una Nazione.
Sarei felice, al di là del rispetto delle idee di ciascuno, se la lettura di queste righe,inducesse anche un solo detrattore delle armi,ad una riflessione più profonda ed attenta e soprattutto scevra da pregiudizi politici.

Eugenio de Bellis

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